Considerazioni fisiologiche sulle tecniche miotensive

Considerazioni fisiologiche sulle tecniche miotensive

Con questo articolo intendo portare il mio contributo alla comprensione dei meccanismi fisiologici che sono alla base dell’efficacia delle tecniche “miotensive”. Vengono così definite tutte le metodiche di intervento, in ambito riabilitativo o sportivo, che hanno per obiettivo quello di riportare un muscolo contratto al suo allungamento ottimale (quello determinato dalla sua lunghezza a riposo), sfruttando una sequenza di contrazione-rilassamento-allungamento ripetuta più volte, in modo attivo-assistito (ovvero con la partecipazione volontaria del soggetto, aiutato da un operatore). La tecnica utilizzata nel Metodo TOP è quella, descritta nel trattato “Dolore muscolare” di Travell & Simons come Tecnica di Lewit (Vol.1 pag. 107), che prevede “...un minimo sforzo volontario per contrarre il muscolo, dopo che è stato stirato fino al limite confortevole della sua ampiezza di movimento.” La contrazione è mantenuta per pochi secondi, mentre l’operatore la contrasta isometricamente. Poi il paziente si rilassa. Lasciati trascorrere alcuni secondi (tempo di “latenza”), l’operatore effettua un piccolo allungamento, cercando la successiva barriera motrice, ovvero il punto in cui ogni ulteriore allungamento provoca disagio nel soggetto ed una percezione di aumento della resistenza del muscolo stirato, da parte dell’operatore. La sequenza viene ripetuta per un certo numero di volte, dipendente sostanzialmente dalla resistenza del muscolo all’allungamento. Per comprendere le basi fisiologiche di questo tipo di intervento manuale, è necessario un richiamo anatomico sulle strutture propiocettive muscolari, i fusi neuromuscolari e gli organi tendinei di Golgi. 

Fusi neuromuscolari 

I fusi neuromuscolari sono distribuiti nel contesto del muscolo, che ne può contenere da qualche decina a qualche centinaio. I recettori fusali sono terminazioni di fibre mieliniche di grande o medio diametro che si avvolgono a fibre muscolari particolari, le fibre intrafusali. Queste sono piccole fibre muscolari, racchiuse, in numero di 5-8, entro una capsula di connettivo dalla forma allungata (fuso) lunga circa 1 o 2 mm. Le fibre intrafusali si distinguono dalle fibre extrafusali (le fibre muscolari propriamente dette) non soltanto per le piccole dimensioni, ma anche perché il materiale contrattile si trova soltanto alle estremità, mentre è assente nella porzione centrale. In questa zona sono raccolti i nuclei: allineati, se si tratta di fibre a catena nucleare, oppure ammassati a formare un rigonfiamento nelle fibre a borsa nucleare. Da qui si diramano le terminazioni dirette al midollo. Le fibre intrafusali prendono inserzione sul connettivo che circonda le fibre muscolari vere e proprie. La loro contrazione non serve per generare movimento alle estremità tendinee, ma è finalizzata alla regolazione della sensibilità del recettore. La parte centrale del fuso neuromuscolare è innervata da fibre sensoriali, mentre le parti contrattili ricevono un’innervazione efferente da parte dei motoneuroni γ .

Da ogni fuso neuromuscolare partono, all’altezza della regione centrale, due tipi di fibre afferenti mieliniche, del gruppo Ia, di diametro maggiore, e del gruppo II. Le fibre Ia, persa la guaina mielinica, si avvolgono a spirale intorno alla porzione centrale di tutte le fibre intrafusali. Le fibre del gruppo II, invece, partono a livello della porzione contrattile delle fibre.

L’innervazione efferente motoria delle fibre intrafusali è rappresentata dagli assoni dei motoneuroni γ . Ciascuna fibra γ si suddivide all’interno del muscolo in numerose ramificazioni che raggiungono ognuna un fuso neuromuscolare. All’interno di questi, le fibre γ prendono contatto con le porzioni polari delle fibre intrafusali attraverso due tipi di terminazione: a placca, soprattutto nelle fibre a borsa nucleare, e a grappolo in quelle a catena nucleare.



Funzionamento dei fusi neuromuscolari 

Quando un muscolo è stirato da una forza esterna, l’allungamento riguarda sia le fibre muscolari sia quelle fusali . I fusi rispondono a questo stiramento inviando scariche afferenti di frequenza proporzionale all’allungamento. Due sono i parametri, sia statici che dinamici, che contraddistinguono la risposta dei fusi neuromuscolari. Nel momento iniziale della contrazione le scariche sono legate all’accelerazione dell’allungamento; quando questa fase si conclude e la lunghezza rimane costante, la frequenza di scarica è proporzionale alla lunghezza raggiunta. Le fibre del gruppo II sono statiche, e scaricano prevalentemente secondo quest’ultima modalità, mentre sono molto poco sensibili alla velocità o all’accelerazione dell’allungamento. La risposta dinamica è invece fornita dalle fibre Ia, le cui terminazioni avvolgono le fibre a borsa nucleare, presenti in ogni fuso. In queste fibre intrafusali dinamiche, dalle caratteristiche meccaniche particolari, le porzioni contrattili hanno una viscosità più alta rispetto alla zona centrale: perciò, quando la fibra è sottoposta a stiramento lento, la resistenza viscosa rimane bassa e l’allungamento si distribuisce uniformemente a tutta la fibra; quando, invece, lo stiramento è rapido le porzioni polari, più viscose, resistono maggiormente rispetto alla parte centrale che viene rapidamente stirata. Nelle altre fibre a borsa nucleare e nelle fibre a catena nucleare la viscosità è uniformemente distribuita e la deformazione del recettore non viene perciò influenzata dalla velocità. Da ciò deriva l’insensibilità dinamica delle afferenti del gruppo II. Quando si stimola la contrazione delle fibre extrafusali , il loro accorciamento andrebbe ad inibire i recettori, perché si avvicinano le estremità dei fusi, sicché le terminazioni recettoriali situate nella parte centrale del fuso si detendono e non vengono più stimolate. Pertanto, i fusi reagirebbero solamente agli stimoli di allungamento quando sono applicati al muscolo rilasciato, mentre non sarebbero in grado di segnalare allungamenti che il muscolo può subire durante la contrazione. Interviene, però, l’innervazione motoria dei fusi. Se i motoneuroni γ vengono attivati contemporaneamente ai motoneuroni α , alla contrazione e all’accorciamento delle fibre extrafusali si accompagnano la contrazione e l’accorciamento delle estremità polari delle fibre intrafusali. In tal modo le terminazioni recettoriali, che verrebbero detese dall’accorciamento extrafusale, sono mantenute in tensione dalla simultanea contrazione intrafusale. Le fibre a borsa nucleare dinamiche sono innervate da motoneuroni γ dinamici, diversi da quelli che innervano le altre fibre intrafusali γ statiche: è perciò possibile regolare separatamente la sensibilità dinamica e quella statica, nello stesso fuso neuromuscolare. La co-attivazione permette che il recettore segnali le variazioni di lunghezza del muscolo anche durante l’accorciamento attivo.

Organi tendinei del Golgi

In prossimità dell’inserzione del tendine con le fibre muscolari, si trovano altri tipi di meccanocettori: gli organi muscolotendinei del Golgi. Questi sono costituiti da fascicoli tendinei che originano da una decina di fibre muscolari, circondati da una capsula connettivale ed innervati da 1 o 2 grosse fibre mieliniche del gruppo Ib. La porzione terminale dell’assone si interseca con le spirali formate da questi filamenti. Se il tendine viene stirato, lo spazio tra i filamenti diminuisce e la terminazione nervosa è schiacciata, stimolando il recettore. Quando il muscolo si contrae il tendine viene stirato e i recettori del Golgi rispondono aumentando la loro frequenza di scarica. La loro soglia è elevata, ma, a differenza dei fusi, vengono attivati anche quando la forza è generata dalla contrazione muscolare; anzi, la stimolazione è più efficace (soglia meno elevata) rispetto a quando la forza è applicata dall’esterno: in condizioni isometriche, è sufficiente la contrazione di una singola unità motrice per attivare questi recettori. La scarica non è quindi in relazione all’allungamento subito dal muscolo, ma alla forza applicata sul tendine.

Riflessi implicati nelle tecniche miotensive

Il riflesso più importante e certamente il più studiato è il riflesso da stiramento o miotatico descritto verso la fine dell'800 da Sherrington, il quale, osservando come il movimento provocato dalla stimolazione di questi recettori venisse abolito dalla sezione delle radici dorsali, dimostrò l'origine spinale del riflesso. Il riflesso da stiramento viene evocato dall'allungamento del muscolo e provoca una risposta contrattile che tende a ridurre la lunghezza del muscolo stesso. Questa risposta avviene con una latenza molto bassa dovuta alla presenza di una sinapsi diretta tra fibra afferente e neurone motore (riflesso monosinaptico) ed è proporzionale all'intensità ed alla velocità dell’ allungamento: se un muscolo è allungato bruscamente, la contrazione riflessa è più violenta di quella provocata da un allungamento lento e progressivo. L'attività riflessa non riguarda solo il muscolo stirato che si contrae ma anche il muscolo antagonista che si rilascia: questo fenomeno implica un’innervazione reciproca. Le afferenze Ia dei fusi fanno sinapsi anche con interneuroni inibitori che controllano i motoneuroni dei muscoli antagonisti rispetto al muscolo da cui provengono gli stimoli afferenti. In questo modo si attua un’ inibizione reciproca , che favorisce la risposta riflessa: lo stiramento muscolare induce la contrazione del muscolo allungato e inibisce gli antagonisti, evitando in questo modo che la loro contrazione si opponga al movimento provocato dal riflesso da stiramento. Questo tipo di arco riflesso viene sfruttato nella tecnica Mitchell, chiedendo la contrazione volontaria del muscolo antagonista rispetto a quello su cui si interviene. Nella tecnica miotensiva si cerca di ridurre al minimo il riflesso da stiramento, raggiungendo lentamente la posizione di allungamento. Inoltre, la contrazione isometrica del muscolo sollecita gli organi di Golgi a soglie molto basse, dell’ordine di pochi grammi di tensione. Viene, così, sfruttato il riflesso inverso da stiramentomediato dagli organi tendinei del Golgi. Esso, rispondendo all’allungamento ma soprattutto alla contrazione, provoca il rilasciamento del muscolo per proteggerlo dallo sviluppo di una tensione eccessiva.

Date

22 Ottobre 2016

Tags

OSTEOPATA, POSTUROLOGO, TECNICHE MIOTENSIVE