Chi è il posturologo

Chi è il posturologo

Definire l'attività del Posturologo con terminologie mutuate dalla medicina allopatica non è facile. Certamente il campo d'azione è quello della riduzione delle algìe, ma in realtà non esiste, per questa figura professionale, un settore specifico, nel modo in cui siamo abituati ad intendere la professionalità del medico specialista, del fisioterapista o delle altre figure professionali in ambito sanitario. Ciò è dovuto al fatto che la Posturologia è una scienza sistemica, studia cioè l'interazione fra quei sistemi complessi che permettono all'uomo di manifestarsi nel mondo: stare in piedi, vedere, giocare, mangiare, amare o provare paura, sono appunto manifestazioni di sé che non coinvolgono semplicemente muscoli od organi specifici, ma una fitta e complessa rete di collegamenti nervosi, muscolari, fasciali, vascolari, tissutali, posta sotto il controllo del sistema nervoso centrale, ma che a sua volta ne influenza l'azione. Per esemplificare questo concetto apparentemente complicato, basta eseguire uno dei numerosi test neuroposturali che fanno parte del bagaglio professionale del posturologo: prendiamo ad esempio una variante del test di Fukuda. Chiedendo ad una persona apparentemente normoequilibrata di eseguire una semplice marcia sul posto ad occhi aperti e poi chiusi, noteremo nel 90% dei casi come nella seconda parte del test si verificherà una rotazione (o spin) del corpo verso destra o verso sinistra, nonostante la percezione cinestesica del soggetto sia quella di marciare sempre nella stessa posizione. Privando, cioè, il sistema nervoso centrale delle informazioni provenienti dal sistema visivo, si evidenzieranno squilibri del sistema locomotore che, normalmente, vengono compensati, cioè corretti, dallo scambio di informazioni fra questi due sistemi ed il computer centrale. Importante sottolineare che il tutto avviene al di sotto della soglia di coscienza del soggetto, che aprendo gli occhi alla fine del test scopre con sorpresa di aver effettuato una rotazione. Ancora un esempio: è una esperienza comune, quella di giudicare depressa una persona che cammini lentamente, curva in avanti e con lo sguardo fisso a terra. Questa manifestazione psichica, cioè, si esprime chiaramente in un comportamento posturale caratteristico e facilmente riconoscibile, quello della chiusura in se stessi (il posturologo parlerà di accorciamento delle catene anteriore e centrale). La postura, quindi, è la somma delle nostre esperienze, del nostro vissuto emotivo e corporeo, finalizzata a metterci in relazione con il mondo circostante, hic et nunc, nel modo più equilibrato, confortevole ed economico possibile. Ma cosa succede quando una serie di esperienze negative, cioè di traumi, di tipo emotivo e\o fisico, si sommano nel tempo senza essere perfettamente superati, ma solo compensati dall'organismo? Sempre a titolo esemplificativo, perchè, dopo una forte emozione, seguita da una infiammazione intestinale, si manifesta un dolore alla schiena che costringe a letto il malcapitato? Per dare una risposta esaustiva a questi quesiti, bisognerebbe addentrarsi nella spiegazione del funzionamento del sistema fasciale; non ritenendo questa la sede opportuna, basti sapere che la correlazione fra gli eventi illustrati esiste, ed è di natura anatomo-fisiologica. Quando il soggetto arriva nello studio del posturologo, portando con sè un sintomo,spesso dopo aver consultato più specialisti che hanno fornito diagnosi non sempre concordanti, l'intervento terapeutico viene basato sulle conoscenze precedentemente accennate. L'atteggiamento indispensabile per cogliere, nel vissuto e nel racconto del paziente, l'origine dei suoi problemi, è l'atteggiamento di ascolto. Durante il bilancio posturale, il soggetto racconta la sua storia, viene invitato a ricordare I traumi, le battaglie del passato, tracciando una mappa ipotetica che, adeguatamente decodificata, può fornire indicazioni sorprendenti sulla natura del sintomo di oggi. Ma sono anche gli atteggiamenti, le posture che adotta nel raccontare, a fornire indicazioni, a svelare indizi all'ascoltatore. L'ascolto, quindi, come "...so-stare in attesa, nella vicinanza fisica ed emotiva di un atteggiamento non giudicante ma empatico, che permetta di sentire e sentirsi." 1 L'incontro prosegue, sempre sulle note dell'ascolto, con la fase dei test posturali, che interrogano direttamente il corpo, seguendo le tracce del racconto ed arricchendo il quadro generale di nuovi e più precisi dati. Ma anche la terapia osteopatico-posturale, cioè l'insieme di tecniche che aiutano a rimuovere la causa del dolore, è basata sull'ascolto. Un ascolto fatto di attenzione ed intenzione, fondato sul tatto, sulla sensibilità manuale, sul seguire e non sull'imporre, un aiuto al corpo, e non una battaglia contro il sintomo. Spesso, quando per alleviare un dolore alla schiena, per restare all'esempio precedente, chiedo al soggetto semplicemente di respirare, contrastando dolcemente i movimenti del suo torace, mi sento dire "ma perchè mi tocca il torace, se mi fa male la parte bassa della schiena?" Allora spiego il funzionamento del diaframma, il motivo per cui le sue inserzioni lombari possono creare tensione a livello vertebrale, specie dopo un trauma emotivo, cioè un blocco inspiratorio. Creo, quindi, una consapevolezza nel soggetto, una nuova capacità di ascoltarsi. Spesso, la persona che torna per la seconda seduta, mi racconta di come si è resa conto di trattenere il respiro in molte circostanze della propria vita, guidando l'auto, litigando con qualcuno, ecc. E la consapevolezza è il primo e più importante passo verso la guarigione. Fabrizio Adorno 1 Sara Riggio, psicologa – libro in via di pubblicazione

Date

22 Ottobre 2016

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POSTUROLOGO